Archivio | 18 giugno 2010

Elogio della verità


 
 
 
 
 
 
Gian Lorenzo Bernini - La Verita' (Roma, Galleria Borghese, 1646-1652).jpg 
 
   La Verità del Bernini( Galleria Borghese Roma) 
 
 
Oggi voglio parlarvi della Verità, un argomento molto trattato dai filosofi di tutti i tempi e dalla teologia cristiana. Socrate e Platone definirono la Verità come un bisogno dell’anima sempre valido e oggettivo, Aristotele ne fissò i caratteri in maniera scientifica. Negli insegnamenti di Gesù la verità è il punto cardine, perchè egli stesso quale figlio di Dio ne è l’incarnazione . Tuttavia una definizione precisa del termine non si è raggiunta, ma secondo me, l’essere veritiero è proprio di un animo onesto e leale, che si relaziona con la realtà senza timore di alcuna contraddizione. Il termine verità deriva dal greco ἀλεθεία, che significa disvelamento, rivelazione. Ma lasciamo stare i filosofi che usano parole difficili, diciamo in parole povere che il mondo si divide fra bugia e verità. Chi nasce di animo retto predilige la verità e il suo essere si ribella ad ogni falsità, il bugiardo costituzionale invece, mente sapendo di mentire, ma la sua abitudine alla menzogna lascia il suo animo imperturbato e mente come se fosse la normalità.
Chi di noi trovandosi a Roma non ha messo la mano nella Bocca della verità per fare una foto? Appena fatto lo scatto , tutti ritraiamo la mano velocemente e viene istintivo guardarla: beh, se la leggenda fosse vera ne vedremmo di gente in giro coi moncherini!!!!!!!Scultori pittori e poeti oltre che filosofi e teologi, hanno trattato l’argomento, ma chi ha dato la definizione diciamo in modo pittoresco, ma immediato è stato G. Gioacchino Belli, poeta romanesco dell’800, autore di esilaranti sonetti in vernacolo, che mettono alla berlina tutti i vizi della Roma pontificia del suo tempo e tessono le lodi delle virtù. Fra questi sonetti uno è dedicato proprio alla bocca della verità:
 
 
 
 
 
 
 
 

LA BBOCCA-DE-LA-VERITÀ

In d’una cchiesa sopra a ‘na piazzetta
Un po’ ppiù ssù dde Piazza Montanara
Pe la strada che pporta a la Salara,
C’è in nell’entrà una cosa bbenedetta.

Pe ttutta Roma cuant’è llarga e stretta
Nun poterai trovà ccosa ppiù rrara.
È una faccia de pietra che tt’impara
Chi ha ddetta la bbuscìa, chi nnu l’ha ddetta.

S’io mo a sta faccia, c’ha la bbocca uperta,
Je sce metto una mano, e nu la striggne,
La verità dda mé ttiella pe ccerta.

Ma ssi fficca la mano uno in buscìa,
Èssi sicuro che a ttirà nné a spiggne
Cuella mano che llì nnun viè ppiù vvia

 

Chi dice la verità non teme smentite, ma chi mente deve avere buona memoria, deve stare attento a chi ha raccontato le sue frottole, ricordarsi come ha imbastito i suoi discorsi menzogneri, insomma è difficile  per il bugiardo non cadere in contraddizione , la sindrome di Pinocchio è una malattia grave e molto diffusa. Il bugiardo si avvale di giri di parole, si avvale

 

 

 di scuse più o meno plausibili per inscenare una forma di autodifesa, caso mai venisse scoperto, cosa che prima o poi accade, le bugie vengono sempre a galla. Chi dice la verità invece è nudo, ma non ha bisogno di giri di parole, si mostra nella sua indifesa ingenuità, le parole gli escono dalla bocca semplici, ma può dormire sonni tranquilli,  nessuno potrà mai confutare ciò che ha detto, nessuno potrà additarlo come bugiardo. Ancora il Belli, in uno dei suoi più popolari sonetti, definisce in maniera un pò scurrile, ma divertente, la santa verità:

 

 LA VERITA’

La verità è comm’è lla cacarella,
che cquanno te viè ll’impito e te scappa,
hai tempo, fijjia, de serrà lla chiappa,
e storcete e ttremà ppe rritenella.

E accusì, ssi la bbocca nun z’attappa,
la Santa Verità sbrodolarella
t’esce fora da sé dda le bbudella,
fussi tu ppuro un frate de la Trappa.

Perché ss’ha da stà zziti, o ddì una miffa
Oggni cuarvorta so le cose vere?
No: a ttemp’e lloco d’aggriffa s’aggriffa.

Le bbocche nostre iddio le vò sincere,
e ll’ommini je metteno l’abbiffa?
No: sempre verità; sempre er dovere.

 

 Per concludere questo mio intervento mi sento di dire che la verità paga sempre, nel caso in cui fosse necessario a fin di bene, meglio dire una mezza verità che una grossa bugia.